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Tra Kailash che non si lava e Gangor che allatta: riflessioni sulla condizione della donna in India

Kailash ‘Kalau’ Singh abita nel villaggio di Chatav, poco distante da Benares. Fa il commerciante, ha 64 anni ed è padre di sette splendide ragazze. Ebbene, cosa c’è di strano? Di strano c’è che Kailash non si lava da 36 anni. E perché mai? Perché desidera avere un figlio maschio! Uno dei vicini di Kailash, il signor Madhusudan, ha in effetti raccontato alla stampa locale come anni fa un veggente gli avrebbe suggerito proprio questo curioso “rimedio” che, non è difficile constatare, tarda un po’ a concedere il desiderato frutto.

Kailash ‘Kalau’ Singh, l’indiano che non si lava da 36 anni

La determinazione di Kailash nella sua scelta è tale che anni fa, in occasione del funerale di suo fratello, pare egli abbia addirittura rifiutato l’usuale immersione purificante nelle acque sante del Gange, attirandosi in questo modo le ire dei propri familiari. Sebbene, però, egli non si lavi da così tanto tempo, non si astiene tuttavia da frequenti “bagni di fuoco”, che consistono nello stare in piedi su una gamba sola vicino ad un rogo di sterpaglie, fumando marijuana e recitando preghiere in lode a Shiva: questo, a sua detta, sarebbe più che sufficiente a ripulirlo da germi e batteri.

Bisogna nondimeno sottolineare come, a scapito di quanto affermato dal signor Madhusudan, dal canto suo Kailash sostenga di non ricordarsi affatto il motivo per cui iniziò a rifiutare l’acqua. In ogni caso, egli vivacemente ribadisce – questa, almeno, la sua versione attuale – che il suo sarebbe un gesto di estremo altruismo, nell’interesse dell’India intera: «scioglierò questo voto – ha infatti detto – solo quando tutti i problemi che la Nazione si trova a fronteggiare cesseranno».

L'attrice Priyanka Bose è Gangor, nell'omonimo film di Italo Spinelli

Sia come sia, una riflessione ben più seria di qualche doccia mancata dovrebbe qui essere messa in evidenza. Dietro al desiderio – vero o presunto – di avere a tutti i costi un figlio maschio si cela un sistema valoriale decisamente antiquato, ma altrettanto decisamente radicato in India (e non solo). Dare alla luce un bimbo ha in sé importanti risvolti economici. Secondo le norme sociali tradizionali indiane, infatti, mentre i maschi rappresentano un sostegno per la famiglia, le femmine sono invece un vero e proprio fardello: ad esempio, è la famiglia della sposa a dover provvedere alla dote per la famiglia dello sposo, inoltre, dopo il matrimonio, tutti i guadagni della moglie passano di diritto alla famiglia del marito. È dunque per tradizione che la donna è proiettata in una condizione di vera e propria sudditanza sociale, una condizione di “azzeramento” per la quale – come è stato ben descritto, ad esempio, nel recente film italo-indiano, Gangor, presentato al Festival del cinema di Roma e liberamente tratto dal racconto Choli ke Picche (Dietro il corsetto) di Mahasveta Devi – anche il più naturale, vitale, essenziale, delicato e verecondo dei gesti, ovvero allattare un bimbo al seno, può rappresentare un serio motivo di scandalo e sfociare in misogina violenza.

L’India del passato fronteggia l’India del presente: le contraddizioni dell’India del futuro.

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