Appena uscito al cinema e già vietato. Si tratta del film bollywoodiano Aarakshan ritirato, nell’ordine, in Uttar Pradesh, in Panjab e in Andhra Pradesh. La pellicola racconta le vicende di Prabhakar Anand (impersonato da Amitabh Bachchan), rettore di un college, del suo allievo Deepak Kumar (Saif Ali Khan), innamorato di Poorbi (Deepika Padukone), la figlia di Anand, e di Sushant Seth (Prateek Babbar), amico di Kumar. A tutta prima sembra una storia come tante altre, dove amori, amicizie e sogni giovanili si intrecciano in un contesto nient’affatto scandaloso. E allora perché tanto clamore? Ma perché Anand, uomo di alto valore morale ed ottimo esempio di amministratore scolastico che ha portato il suo college ad essere uno dei migliori del suo Stato, decide di applicare la “Reservation” (Aarakshan in hindi), ovvero la legge che regola l’utilizzo di quote monetarie a beneficio delle comunità svantaggiate, dei gruppi etnici “tribali” e dei Dalit, gli ultimi secondo il sistema castale indiano. La decisione è fortemente osteggiata dal Consiglio di Facoltà e tale opposizione porta Anand alle dimissioni.
Ecco il nodo della questione: il Primo Ministro dell’Uttar Pradesh, la signora Mayawati Kumari (una sua recente stravaganza la trovate qui), una Dalit a capo tra l’altro del Bahujan Samaj Party (BSP) che rappresenta proprio le classi sociali inferiori, ha vietato il film per almeno due mesi poiché i dialoghi delle scene del Consiglio di Facoltà sarebbero stati ritenuti offensivi e spregiativi da parte di un comitato ristretto di alti membri del partito. La sospensione delle proiezioni, afferma la Kumari, è stata resa necessaria onde evitare posibili disordini sociali. Oltre al BPS, e ben prima del ritiro della pellicola, la Commissione Nazionale per le Classi Svantaggiate e i Dalit avevano infatti chiesto al Comitato per la Censura di apportare modifiche ai dialoghi del film di modo da renderlo più politically correct. Risultato: le recensioni che la pellicola ha ricevuto nei maggiori quotidiani Indiani sono state delle stroncature senza appello. Ovviamente, il regista Prakash Jha – immediatamente apostrofato come “anti-Dalit” – si è già detto disponibile a rivedere ed eventualmente cambiare le scene sotto accusa.
Nondimeno, da tutto questo guazzabuglio emerge chiarissimo il senso di un disagio, che portemmo riassumere in una domanda: è l’India pronta ad affrontare con vero spirito critico le diversità e le intolleranze, figlie della sua stessa storia, soprattutto quando i toni forti del dissenso sono anzitutto spunto di riflessione, come nel caso di Aarakshan, che racconta una vicenda davvero emblematica? Detto altrimenti: se un certo perbenismo politico si arroga il diritto di censurare il realismo espressivo dell’arte, quando tale realismo è reso con marcata ma volontaria “ruvidità”, fino a che punto tale arte può considerarsi autentica espressione democratica?
Questo il trailer del film: